sabato 8 settembre 2012

Quel treno per Varanasi


Quando sei seduta su un treno come questo, con lo spazio tra una cuccetta e l'altro che sarà di massimo 40 centimetri, la cuccetta spelacchiata in finto skai del 1975, tutto un insieme di piedi indiani che ti circondano e sai che su quella cuccetta lì ci dovrai passare 14 ore, che sono proprio tante, tantissime, e fa caldo, l'aria condizionata dovrebbe esserci ma si vede che si è stancata di lavorare, e ci sono i venditori che passano continuamente e gridano "Chaiii.... masala chaiiii.... Tomato souuuuuup" tutta la notte, e un odore misto di cipolla, curry, piedi e deodorante di scarsa per non dire nulla qualità, ecco, quando sei lì seduta sul treno per Varanasi, ti  chiedi : ma avrò fatto poi bene ?

Poi alle sei del mattino, quando l'aria si è rinfrescata, scendi dal treno con gli occhi cisposi alla stazione di Varanasi, dopo quelle 14 maledettissime ore, e mentre hai erotiche visioni di cappuccini e croissant vieni assalita da un nugolo di autisti di taxi, di tuk-tuk, di procacciatori di hotel,  la solita folla indiana, il caldo comincia ad attaccarsi alla pelle e sudi, sudi, e mentre ti fai largo tra la folla negoziando una tariffa per arrivare fino all'albergo ti chiedi: perché, davvero,  mi trovo qui ?




Poi arrivi al Manikarnika Ghat, dove mai la vita ti è sembrata più vitale, mentre scorre via in mezzo a cadaveri carbonizzati,  stracci dorati e rossi,  la polvere e il fumo ti si incrostano negli occhi e nel naso e non sai più davvero cosa chiederti.

Ma per dio, la meraviglia di questo posto.