martedì 23 febbraio 2010

Forty-nine like me

Ho 49 anni. Oggi.

Forse dovrei fare dei bilanci. Ma non ora, non adesso, perché sarebbero inevitabilmente in passivo. Un numerino rosso con un meno davanti.

Io detesto i numerini, specie se rossi.

Un minuto fa avevo 15 anni e pogavo davanti allo specchio. Un minuto fa eh, mica dico così per dire. E adesso ho voglia di sprangare la porta e sparare a vista a chiunque si avvicini.

La saggezza dell’invecchiare è una truffa. Un inganno colossale per evitare il proliferare di perdite di gas e mancanza di lamette dagli scaffali dei supermercati.

Life sucks, sì, ma nel senso che ti succhia via. Ti soffi il naso, sputi un sacco di muco e sai che quello hai a disposizione. Muco.

Ma vaffanculo.

giovedì 11 febbraio 2010

Ma i cinesi sognano pecore elettriche ?

Da un paio d'anni vado a farmi lavare i capelli dai cinesi. Stanno praticamente sotto casa mia, shampoo e piega costano un po' più di un pacchetto di sigarette, in venti minuti sei fuori e i miei capelli hanno finalmente un senso e non sembrano più pettinati dalla presa di corrente. E' vero che devi farti capire a gesti, ma tanto io mica voglio acconciature alla Amy Winehouse, ho i capelli dritti e voglio che dritti restino. E poi c'è il grande vantaggio che - non sapendo una parola di italiano a parte "piega" e "lisci" - non rompono le palle con commenti e gossip su personaggi televisivi dei quali sono totalmente all'oscuro.
C'è l'inconveniente della colonna sonora, un misto di Gigi d'Alessio e Tiziano Ferro miagolanti canzoni che assomigliano alle nostre ma i cui versi finiscono sempre in Chin o Yaon o roba del genere. Ma è un piccolo dolore che riesco a sopportare.
I giovanotti si vestono come i nostri, un po' tamarri, sempre alla moda, le ragazze hanno il culo basso ma son carine, tutte con i capelli lisci e tutte con vocine stridule. Cinesi, insomma. Ragazzi, comunque.
Però oggi pensavo che nonostante ci vada da due anni non ho ancora capito niente di loro.
Che faranno nel tempo libero ? Andranno in discoteca o faranno sedute di Shaolin ? Consulteranno i Ching o si caleranno pasticche ? E cosa mangeranno ? Involtini primavera come se piovesse o una bella amatriciana ? Vedranno film con maestri barbuti che volano e spade rotanti o sono patiti di Fellini e della Nouvelle Vague ? Quando han voglia di qualcosa di esotico vanno alla trattoria toscana? Come si dirà TVTB in cinese ? Stanno su un social network cinese per tenersi in contatto con i loro vecchi amici? E avranno nostalgia del loro paese ?
Allora mi sono immaginata che nel Sichuan magari c'è una donna che oggi è andata a farsi lavare i capelli da un parrucchiere italiano che lavora lì, e si chiede esattamente le stesse cose.

mercoledì 10 febbraio 2010

Siam gente fortunata

Siam gente fortunata noi che, anestetizzati dal sonno violentemente lacerato dalla sveglia, con gli occhi ancora incrostati dai sogni e dal piumone pesante, riusciamo a trasformare la fredda metropolitana in un bozzolo morbido e caldo mettendo le cuffie nelle orecchie e mandando i Blonde Redhead a cullarci ancora un po’, ad accarezzarci e sussurrare per noi, solo per noi.
Siam gente fortunata noi che pompando LCD Soundsystem trasformiamo una strada grigia e fredda in una dance hall, i rami secchi in luci strobo, il cemento in una parete colorata e vagamente psichedelica.
Siam gente strana noi che sincronizziamo il passo con il ritmo danzereccio e camminiamo veloci per stargli dietro e accenniamo un movimento delle braccia e della testa metamorfosizzandolo in mezzo a strati di sciarpe e cappelli imbottiti e sorridiamo contenti anche se solo per un attimo, anche se sono le otto di un dannato mattino di febbraio.

lunedì 8 febbraio 2010

La vita agra




E' per questo che il viso dell'agonizzante ci si mostra sempre così terreo e stravolto: sta lottando, non contro la morte ma contro la vita, perché pensa e si arrabatta di trovare i soldi per pagare il prossimo. Poi, appena morto, lo vedete distendersi, riposare e sorridere ironico. Ora - così par che dica - arrivederci a tutti e sotto voialtri, io stavolta vado in pensione sul serio. Pagateli voi, i conti, e non i vostri soltanto, ma anche i miei, per la cassa, il trasporto, la buca al cimitero. E sorride.

Luciano Bianciardi, La vita agra, 1962.

domenica 7 febbraio 2010

Snow White, you lousy bitch



quando io e mia sorella eravamo piccole, prima di spegnere la luce ci facevamo sempre raccontare da mia mamma la stessa storia, che aveva inventato lei e che ci piaceva tantissimo. La storia diceva più o meno così: che quando fossimo state più grandicelle, mia sorella un giorno sarebbe tornata a casa dicendo che aveva conosciuto un ragazzo carino, con la camicia a quadrettini, i capelli ricci, i jeans e delle scarpe molto belle, e mia mamma le avrebbe chiesto come si chiama, cosa studia o che lavoro fa, e mia sorella avrebbe risposto non lo so, so solo che era carino e vestito bene. Poi sarei tornata a casa io e avrei detto che avevo conosciuto un ragazzo con una voce bellissima, che sapeva tutto di cinema o di letteratura o di filosofia o di antropologia della Groenlandia, e mia mamma mi avrebbe chiesto com'era, alto, biondo, riccio, grasso e io avrei detto che non lo sapevo, che non avevo mica fatto attenzione a quelle cose lì. Questa cosa, a me e a mia sorella, ci ha segnato tantissimo. Così tanto che mia sorella ha creduto, per tutta la sua adolescenza, di essere un'oca ignorante e semianalfabeta e vanitosa e superficiale, mentre io sono cresciuta pensando che l'unica cosa che conta davvero nella vita è la testa, e il corpo è un contorno piacevole ma, insomma, una ciliegina che anche se non c'è la torta è buona lo stesso.
Così a me dicevano sempre che ero tanto intelligente e io sono cresciuta sentendomi un cesso, a mia sorella dicevano che era tanto carina ed è cresciuta sentendosi un'idiota.
Tutto questo ha avuto ripercussioni di notevole rilevanza, direi anzi drammatiche, per tutte e due. Ha influenzato le nostre scelte, ci ha portate entrambe, ognuna per conto nostro, a fare delle cazzate più grandi di noi e pericolose, a perderci su percorsi non proprio costruttivi.
Adesso quando ci vediamo ci ridiamo su, io e mia sorella. Ma a riderci su ci siamo arrivate con una fatica e ad un prezzo che insomma, averlo saputo allora, forse era meglio se ci facevamo raccontare Biancaneve.

mercoledì 3 febbraio 2010

quello che non prevedevo

E’ soltanto una firma su un pezzo di carta, lo so. Ma è una firma sopra la quale c’è scritto che “nulla ho più a pretendere” . Da te, da quello che eravamo, da quello che sei oggi senza di me.
Fa male, cristo.
Lo prevedevo. Come prevedevo che mi avresti chiesto che programmi avevo nel pomeriggio. Come se ci fossimo incontrati, oggi, così, per prendere un caffè, e non per dichiarare definitivamente anche agli occhi della legge che niente abbiamo più a pretendere l’una dall’altro. Lo prevedevo e mi ero già preparata una scusa, una giustificazione. No, mi spiace, oggi ho dei programmi che non ti coinvolgono, un medico, un amico, un lavoro da finire. La verità no, non ce la faccio a dire che per me oggi passare il pomeriggio insieme sarebbe stato intollerabile, perché non siamo amici, siamo due che si sono amati per quasi vent’anni e poi non so se dopo c’è spazio per qualcosa che non sia la mancanza. Che siam fortunati che non c’è odio o rancore o vendetta, ma oggi no, per favore lasciami stare da sola.
Quello che non prevedevo è che una volta a casa, da sola, sarei stata travolta da questo dolore. Quello che non prevedevo è che oggi mi sarei ascoltata gridare e piangere come qualche anno fa. Oggi è anche la prima volta che ti ho detto di no. Che non ho voluto farti compagnia. Accettando il ruolo di vecchia amica, quella che sempre capisce, comprende, giustifica e scusa. Che non ho voluto raccontarti cosa faccio, come stanno i nostri amici, come passo il mio tempo, mentre tu te ne stai zitto, impermeabile a qualunque domanda su di te. Quello che oggi fa male non è solo la maledetta firma. Oggi mi fa male essere per la prima volta quella che decide di lasciarti andare. Quella che ti dice no. Dopo essere stata per così tanto tempo lasciata sola, oggi ti ho lasciato solo io. E ammettere a me stessa che non ho più bisogno né della tua presenza né della tua mancanza mi strappa la pancia in pezzi.