venerdì 23 ottobre 2009

Arti superiori

Sono qui.
al buio.
Le braccia spalancate, congelate in una specie di abbraccio che non stringe nessuno.
Cominciava a piacermi, cominciavo a imparare di nuovo. Ero goffa, maldestra, forse anche un po’ ridicola, e le braccia mi facevano anche male, dopo un po’.
Questione di allenamento. Sono poco allenata.
Ma ci provavo, oh se ci provavo.
La memoria degli abbracci se ne era andata completamente. Questi erano nuovi, erano come i primi che avessi mai dato e ricevuto. Non ricordavo più.
Ci si dimentica del calore, quando si è in inverno.
E l’inverno, qui da me, è lungo. Maledettamente lungo.
Cominciavo a credere che quelle braccia fossero per me. Proprio per me.
All’inizio non ci credevo.
Mi ritraevo. Perchè temevo che fosse uno sbaglio.
Poi, lentamente, anche io ho allargato le braccia. Muscoli indolenziti, nervi tesi, un peso quasi insostenibile.
Però ce la facevo.
Ed era bello. Caldo. Sentimentale. Una parola che avevo imparato a detestare.

Dovevo stare più attenta. Le bestie ferite non si devono fidare delle mani alzate. Possono essere una carezza ma anche un pugno, una bastonata.
Questione di tempi.
Dovevo immaginarlo.
Così’ adesso non riesco più a muoverle. Sono rimaste lì, inerti ma spalancate, e non le comando più.
Ci vorrà tempo per riuscire a scioglierle da quell’abbraccio che nascondeva un pugno.
Ma il tempo non mi manca.

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