Da giorni sto cercando, tra le varie divinità del pantheon
Indu e tra le pieghe nascoste del suo parente più autorevole, il Veda, una
divinità che assomigli a Renu, la donna che ha sognato, progettato e infine
realizzato la ONG per la quale ho lavorato questo mese di agosto. Perché mi sarebbe piaciuto raccontare
di lei paragonandola a una di
queste donne di potere, invincibili, forti, e perché lei è veramente una forza
della natura.
Ma in realtà niente è più lontano da Renu di una
qualsivoglia divinità religiosa. Renu è una donna pragmatica, terrena:
fisicamente imponente, con dei bellissimi capelli neri che in genere tiene
raccolti ma quando li scioglie le circondano il viso
sorridente e sereno. Porta dei salwaar kameez coloratissimi e molto
eleganti, e va matta per la bigiotteria. La sua allegria è contagiosa, e uso
questa frase scontata perché è la prima volta che capisco davvero cosa
significhi: in genere l’allegria degli altri non mi ha mai contagiato, al
contrario mi è capitato spesso nella vita di influenzare negativamente chi mi
stava intorno con il mio cattivo umore.
Renu invece ride, ride spesso, ed è impossibile non
lasciarsi andare al riso con lei perché ti coinvolge, mica ti lascia stare: ti
racconta una storia divertente, fa l’imitazione di qualcuno (è bravissima a imitare i ragazzi indiani rimbecilliti dalle "straniere"), ti offre qualche
golosità indiana. Non le piace vedere la gente stare ferma, ti trova sempre
qualcosa da fare, e se ti fidi sa regalarti piccole esperienze deliziose. Ha
centinaia di storie, alcune drammatiche altre divertenti : d’altra parte ha
fatto quasi tutto da sola, ha iniziato con un terreno che era una discarica, in
mezzo alla campagna, ma era l’unico che poteva permettersi; l’ha bonificato e
reso agibile e ha aperto la scuola, che all’inizio era un’aula sola dove si
radunavano pochi bambini di età più diverse. Adesso la scuola comprende 12
classi tra elementari e medie, due di asilo e due per bambini con “special
needs”; più una scuola per donne dei villaggi che vogliano imparare a cucire, a
infilare collane e braccialetti, a fare l’hennè, tutte attività che possono
imparare a scuola e portarsi a casa.
Quando ha aperto la scuola, 12 anni fa, una delle cose più
difficili è stato assumere le insegnanti: nessuna maestra voleva andare a lavorare in quel posto
in mezzo ai campi, isolato, senza niente intorno. Adesso ci sono circa venti maestre che lavorano più una
logopedista, un designer che
progetta la produzione artigianale e tutta una serie di altri collaboratori. Il
progetto funziona a meraviglia, e Renu ha grandi idee per il futuro. E’ una che
non si arrende mai, che ti stimola a trovare soluzioni alternative ai
problemi. Guarisce tutti i mali –
in particolare diarrea e vomito, l’incubo di ogni occidentale - con la Limka
(una specie di Sprite indiana), limone e
banane. E nessun progetto le sembra mai impossibile da realizzare,
nessun sogno troppo grande.
Ci tornerò da Renu, di sicuro. Perché lei ha bisogno di volontari, certo, ma soprattutto
perché io credo di avere parecchio bisogno di gente come lei.