sabato 25 agosto 2012

Stupro indiano


Per quanti aerei tu prenda, per quante volte tu ci sia stata, non sei tu che vai in India, mai.
No, è l’India che viene da te, dentro di te, ed è sempre – all’inizio – uno stupro.  E tu hai due possibilità: o ti ribelli, ti irrigidisci, chiami in causa tutta la tua Europeità e occidentalità, e allora lo stupro fa davvero male, e ti lacera tessuti e nervi; oppure acconsenti alla violenza, ti abbandoni ad essa, e solo in questo caso, uniformandoti con il tuo aggressore e prendendo la forma che ti vuole dare, puoi ricavare da questa violenza un piacere intenso, estremo e mai provato prima.


Il mercato delle spezie a Delhi,  vicino a Chadni Chowk, è bello, affascinante e repellente come lo ricordavo: carri carichi all’inverosimile di sacchi di juta strabordanti pepe, peperoncino, curcuma e coriandolo, profumi deliziosi mescolati con nauseanti puzze di marcio e di putrefazione. Gente che dorme sui gradini del mercato, invasa da mosche. Uomini magri ed emaciati che giocano a carte all’ombra di vecchie colonne. Buie, strette, umide e scivolose  scale che si prestano a foto che sembrano studiate a tavolino, mentre invece sono frutto di scatti frettolosi, seminascosti,  sudati. Pezzi di incenso (non bastoncini, quelli sono già troppo sofisticati) che bruciano in antri oscuri, depositi di spezie e – temo – topi di varie dimensioni.

Dal tetto del mercato, dove ci ha portato il nostro rickshaw driver, si gode una vista sulla vecchia Delhi che non suscita particolare meraviglia, o forse sono solo troppo stanca e sudata per poterla apprezzare. E’ il mio primo giorno – anche se la mia quarta volta -  in India, quest’anno,  e se anche il mio cervello è ormai abituato alla violenza indiana, il corpo ha tempi diversi e diversi percorsi di acclimatazione. Sono stremata e appiccicosa, due modalità che per quasi un mese non mi abbandoneranno mai. E anche stupita e felice di essere qui, ancora una volta.  So già che nei prossimi giorni la stanchezza, il caldo, la folla, le difficoltà mi faranno  odiare  questo paese con una forza che mi renderà cinica, a volte, di fronte a terribili disgrazie, a corpi martoriati, a bambini sudici e affamati. Ma nessun odio, per quanto vivido, potrà mai nemmeno per un momento eguagliare la forza dell’inspiegabile amore che nutro per questo paese.